AIATL E zine Febbraio 2019 Pu - Page 37 - Elaborato inerente la tornitura lignea 38 Imparareatornire di Roberto Cecconello TecnicaLe Prese Vi vedo tamburellare nervosamente le dita.....in attesa di tornire Smettete di tamburellare e mettetevi comodi: niente trucioli ma ancora qualche spiegazione. Ancora? Ancora! Nella parte precedente abbiamo preso atto che, PRIMA di mettere un pezzo di legno sul tornio, dobbiamo avere le idee chiare su cosa vogliamo ottenere e come farlo sfruttando al meglio le caratteristiche di QUEL pezzo di legno. Ora ci occuperemo di COME fissare il legno sul tornio. Abbiamo diverse possibilità; la scelta va sempre fatta privilegiando la sicurezza . Con il tornio vengono solitamente forniti, a corredo,platorello e punta trascinatrice. 39 Questa e’ una versione generica; potrete trovarne con asole e fori,con soli fori..in sostanza,potrete fissare pezzi di tavola o di travi( legno traverso,ricordate?) con viti che attraversano il platorello e “tirano” sulla superficie dello stesso il legno. Perché legno traverso? Perché è noto che una vite fa ben poca presa se avvitata nel senso parallelo alle fibre. Questo tipo di fissaggio comporta: a) la parte che va a contatto con il platorello va piallata ( o comunque spianata) per consentire una superficie di contatto omogenea e stabile b) il lato su cui vengono avvitate le viti,conserverà traccia dei fori; ergo,si suppone che andrà scavato eliminando così il problema. Tenetene conto quando scegliete il lato da fissare ( estetica) e controllate la lunghezza delle viti. c) controllare la qualità del vostro platorello; eventuali difetti di planarita e ortogonalita’ si ripercuoteranno inevitabilmente sul tornito. A conclusione,la mia opinione personale: il platorello aveva una ragion d’essere quando il mandrino non esisteva. Si utilizzava allora il sistema detto “a coppaia”: un pezzo di legno ( traverso) fissato saldamente al platorello,nel quale veniva ricavata una presa a tenone e mortasa ( solitamente il tenone era ricavato sul legno in lavorazione). A seconda delle situazioni si ricorreva poi a colla o spine di legno per il fissaggio in lavorazione. Tracce di queste lavorazioni possiamo trovarne ( e farne talvolta buon uso) quando incontriamo un “jam chuck”;che sarebbe come dire “coppaia”..... ma in inglese fa più fine,anche quando non so di cosa parlo Ora,il platorello,può trovare finalità più specifiche in lavorazioni particolari,come la tornitura “multicentro” ( a cui verrà riservato un capitolo a parte) Punta trascinatrice 40 Questo è il tipo più comune ( ed economico); una volta trovato il centro ( cercacentro,incrocio di linee,ad occhio,come vi pare) della testa del vostro tronco,vi pianterete saldamente ( martello di gomma o legno: non danneggerete il cono morse) la punta,porterete tutto sul tornio,infilerete il codolo della trascinatrice nell’albero del tornio ed infine avvicinerete la torretta della contropunta fissandola e puntando la contropunta nel cento del legno ( che avrete segnato precedentemente). Questo è il tipo di fissaggio generalmente utilizzato con legno parallelo ( ricordate?) per eseguire la prima sgrossatura e preparare eventuali prese in compressione per il mandrino. Abbiamo visto le opzioni a costo zero ( fornite con il tornio); oltre a queste abbiamo una serie di possibilità offerte dal “mitico” mandrino. Gioie ( comodità,precisione e sicurezza) e dolori ( un buon mandrino costa,e costa tanto ma acquistare un mandrino impreciso equivale a sprecare denaro,non a risparmiarlo) Mandrino e corredo 41 In questa immagine vedete un mandrino; in primo piano la coda di porco ( fornita a corredo) e montate sul corpo,vedete le griffe ( quelle specie di alette che sporgono in avanti) Coda di porco Qui la vedete,stretta fra le ganasce del mandrino,nell’uso più classico: avvitata su legno traverso ( come normale,per una vite. Anche se il disegno della fibratura e’ sbagliato nell’immagine) “tira” in battuta il legno sulle griffe del mandrino. Intuitivo il fatto che sia una presa preparatoria per altre prese ( compressione od espansione) e che verrà eliminata da uno scavo. Una presa comoda e discretamente sicura,a patto che il preforo sia correttamente dimensionato e il pezzo in lavorazione non abbia grandi dimensioni o squilibri evidenti. Con il mandrino potrete tenere il pezzo di legno,tramite le griffe,realizzando un tenone ( presa in compressione) di circa un centimetro di lunghezza e di diametro pari a quello delle griffe tutte chiuse,maggiorato di un paio di millimetri ( misura in cui le griffe formano un cerchio,dando massima presa su ogni punto). In alternativa potrete realizzare una cava,profonda dai 4 ai 6 millimetri e con diametro come visto precedentemente,in cui le griffe faranno tenuta per espansione ( attenzione agli spessori in gioco e mai con legno parallelosi fenderebbe la fibra -) Ritorneremo,durante i primi esercizi,in modo più esplicativo sulle “prese mandrino”,sia per la costruzione che per l’eliminazione. 42 Infine,un utile accessorio per il mandrino ( da acquistare a parte) Sono anelli in acciaio,da fissare con viti al legno e che poi verranno “presi” in espansione dalle griffe del mandrino . Occorre prestare attenzione nell’acquisto : la misura della presa interna dell’anello deve essere corretta per il vostro mandrino; non sono,in altre parole,universali ma dedicati. Ora cercatevi un pezzo di legno: la prossima volta inizieremo a tornire . Promesso 44 Restauro di un Aldebaran 320 La fase dell’acquisto Mi sono affacciato al mondo della tornitura in legno una decina d’anni fa. Il primo tornio acquistato è stato un Holzmann DBK 1300 (tornio con struttura in tubolari di ferro e copiatore). Lo scorso anno decisi di acquistare un tornio in ghisa da restaurare e trovai un Aldebaran 275 dismesso da un’azienda di Trento che si occupa di tornitura in lastra. Dopo un’accurata fase di restauro, l’ho messo in esercizio è ho apprezzato sin da subito le qualità di un tornio con struttura in ghisa, grande diametro di lavorazione e motore potente. Il vecchio tornio Holzmann l’avevo ceduto a mio fratello. A dicembre mi è capitata l’occasione di acquistare un tornio Aldebaran 320 da restaurare, disponibile nel pressi di Brescia. Anche in questo caso, si tratta di un’azienda che effettuava lavorazioni in lastra ma che, ai giorni nostri, ha dovuto riconvertire la propria attività stante la crisi in tale settore. Il tutto nasce dalla notifica (impostata a suo tempo su Google) della disponibilità di un annuncio di vendita su uno dei classici siti on line. di Fulvio Morella ALDO ha un fratellone – storia del restauro di un glorioso Aldebaran 320 45 Dopo giorni di riflessione e ripensamenti (tra “magari lo compro …” e “non lo compro, ne ho già uno simile ... non mi serve …”) ho deciso di contattare il venditore. Il tornio era ancora disponibile e, anzi, il venditore mi è sembrato molto ben disposto dalla mia chiamata e dal mio interesse. Purtroppo (o per fortuna nel mio caso) simili torni hanno uno scarso mercato in quanto l’utenza professionale ora utilizza macchine più aggiornate e dei sistemi di sicurezza mentre un’utenza privata non lo acquista sia per il peso e l’ingombro e sia per l’impegno legato alla sua riconversione (restauro e adattamenti). Va anche ricordato che, all’origine, si tratta di un tornio alimentato con motore trifase 380v. Ai primi di gennaio decido di andare a vederlo; era un sabato pomeriggio. Si trovava in un laboratorio dismesso in un paesino nei pressi di Brescia. Il tornio era inutilizzato da anni ma era ancora alimentato dalla corrente e funzionante; abbiamo provato ad accenderlo e funzionava. Ho effettuato la trattativa e ci siamo accordati. In macchina avevo già i legni e l’attrezzatura per costruire il bancale “lungo” per il trasporto. Trattandosi di un “giocattolino” da 8/9 quitali, il bancale doveva essere adeguatamente dimensionato. 46 Il restauro Grazie alla precedente opera di restauro dell’Aldebaran 275 (da qui il titolo” Aldo ha un fratellone…”), il lavoro di restauro di questo tornio è risultata più semplice e ho proceduto in modo più spedito. Una volta giunto a casa mia, ho provveduto a smontare il motore del tornio e ho effettuato il lavaggio con sgrassante e idropulitrice a caldo. Mi sono poi dedicato alla fase di smontaggio delle diverse parti meccaniche. L’operazione più complessa è quella di rimozione dell’albero mandrino, per la quale ho dovuto impiegare un estrattore (agganciato alla flangia posteriore) e scaldare la puleggia, per facilitare lo smontaggio grazie alla dilatazione termica del metallo. Mi sono quindi dedicato alla struttura, effettuando la sabbiatura per rimuovere gli strati di vernice applicati nel tempo. In alcuni punti, il fondo era permeato dal grasso e dall’olio; essendo inidoneo per una nuova verniciatura, andava rimosso. Ho sabbiato anche la struttura della contropunta, il poggiautensili e le due porticine in alluminio (proteggendo le maniglie in bachelite). Ho effettuato alcune lievi stuccatura (per colmare i buchi nella fusione della ghisa). Ho poi provveduto alla verniciatura dapprima con il fondo e poi con lo smalto grigio chiaro opaco. I cuscinetti del tornio li ho acquistati on line da due diversi venditori, cercando il prezzo migliore 47 Anche se due risultavano ancora “buoni” ho deciso di sostituirli, soprattutto per evitare un possibile smontaggio a breve; meglio avere tutti i cuscinetti nuovi. I paragrasso non sono più disponibili come ricambio (anche presso il costruttore Mario di Maio); ho deciso di realizzarli a mano con fustelle, taglierino e scalpello partendo da un foglio di feltro in lana acquistato da un’azienda specializzata in Brianza. Il motore è stato sostituito in quanto quello originario prevede un numero di giri non adeguato alla velocità di rotazione richiesta oltreché avere il sistema di raffreddamento interno che non è adatto a essere utilizzato in presenza di polvere e trucioli di legno poiché finirebbero nelle parti interne del motore (rotore e avvolgimento). Ho scelto di acquistare un motore trifase (avendo il contatore trifase a casa) e di non optare per l’inverter vettoriale, pur nella consapevolezza che l’ inverter sarebbe la soluzione migliore. Il costo per una simile potenza sarebbe stato proibitivo e antieconomico. Tale scelta è stata anche indotta dal fatto che preparo i pezzi da tornire con la sega a nastro e sono pertanto abbastanza regolari anche nella prima fase di sgrossatura, In aggiunta, un simile tornio non ha problemi di vibrazioni. Anche la cinghia di trasmissione è stata sostituita: ho acquistato la versione in gomma con la struttura interna in fibra, scegliendo una versione con un’elevata resistenza al carico, adatta alla potenza di spunto del nuovo motore. Nel frattempo, grazie alla disponibilità del tornio del ferro di un amico, ho rifatto la bronzina anteriore, prevedendo la sede per un paraolio contro la polvere e l’aggiunta di un ingrassatore specifico. Le parti di metallo a vista e non verniciate (flange, pulegge, vite della contropunta, bulloneria, ecc.) sono state lucidate con le spazzole di ferro (montate sulla smerigliatrice e sul trapano). Per evitare la ruggine, ho applicato il lubricante a secco spray a base di teflon. Ho poi iniziato la fase di rimontaggio. L’operazione più complessa è stata quella di montaggio dell’albero mandrino. I cuscinetti sono librificati con tre ingrassatori specifici. Anche l’impianto elettrico è stato rifatto. Ho deciso di mantenere l’interruttore originale, da azionare con un’unica leva sul pianale. La gestione della doppia velocità di rotazione del motore è gestita con il doppio collegamento stella/triangolo, attraverso il commutatore elettrico. Adattamenti e migliorie Il filetto dell’albero mandrino non è standard; pertanto ho acquistato il mandrino della Charnwood Viper5 da 145mm di diametro e ho provveduto a rifilettare l’attacco per renderlo compatibile con l’albero. Per il poggiautensili, considerata la scomodità del bullone ho provveduto a fare una leva filettata che mi consente di effettuare gli spostamenti in modo più veloce, senza dover ricorrere alla chiave. 49 ToTem Tornitura Tematica Statigrafia
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