leStrade_n8 9 - Page 13 - leStrade. Autostrade, Aeroporti, Ferrovie. Fascicolo di Settembre 2019. stessi elementi della barriera modificati. Quindi, con una stesa di 90-100 metri di barriere e l’azione combinata di tutti gli accorgimenti ricordati, con in più il contenimento esercitato dai terminali, lo spostamento è stato effettivamente ridotto a W5. Anche lo spostamento W5 però non è sufficiente in tutti i casi, quando lo spazio disponibile al centro, su strade esistenti è molto ridotto. Occorreva allora una soluzione che assicurasse lo spostamento W2 per rientrare nello SP minimo di un metro e che lo avesse costante nello spazio, in qualsiasi punto: una W2 vera in ogni punto urtato. Verso la soluzione Si è pensato di adattare alla sistemazione su supporto stradale, pavimentato o meno, la tecnica di ancoraggio al piede usata per i NJ bordo ponte in modo da permettere la gradazione e riduzione dello spostamento. Per evitare di avere le superfici esterne inclinate della barriera interrotte dalle tasche di infissione si è pensato di inserire all’interno del muretto alcuni paletti che poi finissero infissi per poche decine di centimetri nel supporto stradale (vedi fig. 5a): i cosiddetti “paletti frenanti” 4 : elementi di acciaio opportunamente dimensionati che fendano il terreno, frenando il movimento indotto dall’urto. Frequenza, dimensioni e forma dei paletti sono studiati in relazione anche al tipo di supporto che si ha sotto la barriera. Il comportamento del paletto frenante è completamente diverso da quello dei paletti delle barriere metalliche che devono resistere all’urto piegandosi e hanno quindi bisogno di terreni molto resistenti. Si ha un freno al movimento omogeneo e diffuso in tutta la lunghezza della protezione ed uguale in ogni punto (fig. 5b) senza nessun ancoraggio iniziale. Naturalmente questa soluzione ha richiesto l’eliminazione della barra rullata longitudinale e dei manicotti a vite di collegamento, caratteristica della produzione Abesca, in quanto impedivano il passaggio dei paletti, ma per una barriera di Classe H2 Bordo Laterale la resistenza strutturale è facilmente sopperita con armatura diffusa. Il problema si pone per urti di energia superiore, fino a quelli di Classe H4b per spartitraffico. Una prima soluzione è stata quella di rinnovare il collegamento tra gli elementi con un manicotto di nuova concezione di maggiore durabilità e più facile da montare e smontare: il manicotto ad U (fig. 6) La barriera ottenuta è riportata in fig. 7, ma, pur essendo funzionale in tutti i sensi per sicurezza, manutenibilità, montaggio e soprattutto omogeneità di resistenza senza ancoraggi speciali nei crash test, avendo ridotto la rigidezza dei giunti di collegamento che riduceva anch’essa lo spostamento, ha il problema che non può raggiungere la Classe W2. Come controllare lo spostamento delle barriere “muretto” Le soluzioni iniziali, “libere” da vincoli tranne quello dell’attrito sulla superficie di appoggio, avevano delle Wi molto elevate fino al W7 di fig. 2. I primi accorgimenti per ridurle consistettero nell’irrigidimento dei giunti tra i diversi elementi, nell’aumento della massa della parte inferiore del muretto e nell’incremento delle azioni di attrito sui supporti. Nel caso dell’uso sui bordi dei ponti (fig. 3), dove lo spostamento eccessivo sarebbe esiziale, si aggiunsero degli ancoraggi al piede - 1 che, insieme alla barra - 2 e al mancorrente superiore - 3, contenevano il movimento limitando anche le forze d’urto trasmesse all’impalcato del ponte al valore del carico di rottura degli ancoraggi. Per le barriere spartitraffico e per bordo laterale gli accorgimenti per la gestione degli spostamenti sotto l’urto erano indirizzati però solamente a una loro riduzione, perché come si detto, un certo movimento era benefico per il reindirizzamento del veicolo urtante in quanto dava una riduzione dell’angolo di rimbalzo rendendo l’urto meno “elastico”(fig. 4). In questo modo le soluzioni testate passarono da larghezze operative W7-W6, superiori ai due metri. Si conseguì poi il W5 dell’ordine di un metro e mezzo, ancorando fortemente i terminali dei prototipi da testare. Questa azione viene esplicata in diversi modi: ancorando gli stessi elementi della barriera opportunamente modificati e rinforzati, oppure costruendo una piattaforma su cui fissare elementi speciali o con gli 8-9/2019 3 4 3. New Jersey Bordo Ponte a cedimento progressivo controllato 4. Controllo della traiettoria di uscita dovuto allo spostamento 5a, 5b. New Jersey H2 BL senza barra e frenato 6. Manicotto ad U 7. Barriera NJ h 120 H4b SP W3 senza barra, con manicotti ad U 5a 6 7 5b 1. Definite tecnicamente “barriere continue a muretto”. 2. Parliamo della serie di soluzioni della Abesca Europe, associazione che ha messo a punto decine di barriere a muretto di tutte le Classi e posizioni. 3. Diversamente da quanto avviene con le barriere spartitraffico metalliche che dopo la maggior parte degli urti, anche di vetture, cessano di funzionare. 4. Il metodo di gradazione e riduzione del movimento dei muretti New Jersey con paletti frenanti è brevettato (Brevetto N. 102017000048932). L’Opinionetecnica LS11 10_14_OPINIONE TECNICA CAMOMILLA.indd 11 13/09/19 17:19 È una perfetta W3 vera, quindi utilizzabile per spartitraffico che siano larghi almeno 1,54 metri. La barriera risolutrice per spartitraffico stretti È l’eppur si muove del titolo di questa Opinione tecnica, parafrasando la celebre frase di Galileo Galilei, visto che uno spostamento minimo permane, è un punto di arrivo nel lungo cammino di sviluppo di questa categoria di protezioni stradali e anche un punto fermo, mi si permetta il gioco di parole, del percorso progettuale perché che si muove pochissimo, quanto basta per ridirigere l’autoarticolato. Essa si sposta sotto l’urto TB11 di pochi centimetri, arrivando al valore di W2 solo per la rotazione dinamica della sua sommità. Questa barriera (fig. 8, 9) mantiene la struttura della classica New Jersey 120 con barra rullata e manicotti a vite rigidi, ma ha in più il sistema dei paletti frenanti trasformato per essere usabile anche in presenza della barra rullata, che non permette l’infilaggio dall’alto dei paletti visti in precedenza. La nuova barriera risolve ambedue i problemi della protezione degli spartitraffico “stretti”(1,00 m): • Ottiene una classe minima di spostamento, la W2 vera, pari a 80 cm il che, data la larghezza di partenza dell’elemento alla sua base di 66 cm, comporta dei movimenti minimi sotto l’urto del veicolo di prova. • Ottiene questo funzionamento in qualsiasi punto della barriera montata in opera. Il primo risultato è perseguito con una serie di chiodi di ancoraggio che si possono inserire lateralmente e simmetricamente (figg. 10 e 11) nel corpo degli elementi e infiggere nel supporto stradale pre-pavimentato in modo tale che frenino lo spostamento indotto dall’urto, limitandone l’entità ai valori richiesti. Il secondo invece deriva dall’eliminazione degli ancoraggi di testata nella prova e dalla presenza dei freni rallentatori sempre uguale in ogni punto della stesa di prova e reale. Quindi i chiodi frenanti sono sempre presenti e sempre uguali in tutto il montaggio, per cui in qualsiasi punto si urti lungo l’impianto reale, la larghezza di lavoro sarà sempre la stessa W2 ipotizzata e calcolata (fig. 12) Le resistenze all’urto sono affidate ad azioni stabili nel tempo in quanto sono svolte: • dalla geometria delle superfici indeformabili e di per sé predisposte per il rinvio; • dalle masse degli elementi costituenti il dispositivo (che resistono per forza di gravità); • dagli attriti che si generano con il supporto e tra i vari elementi del dispositivo; • dagli ancoraggi aggiuntivi frenanti che fanno conto principalmente sull’azione della pavimentazione in conglomerato bituminoso e sul terreno sottostante. Il processo esecutivo seguito nella progettazione Il risultato è stato ottenuto dopo accurata progettazione della struttura resistente che, non spostandosi, è soggetta a sollecitazioni maggiori specialmen12/2015 leStrade L’Opinione tecnica 10. NJ S2 in vista prospettica 11. Posa dei “chiodi” 8-9/2019 leStrade 12. Comportamenti del New Jersey H120-W2 frenato 13. Punto di massimo movimento dinamico per urto TB 11 prova EN 1317 8. Barriera NJ h 120 H4b SP W2 con barra rullata e doppi chiodi frenanti 9. Barriera NJ h 120 H4b SP W2: vista laterale 12 10_14_OPINIONE TECNICA CAMOMILLA.indd 12 13/09/19 17:19 dei chiodi frenanti. Si riporta in fig. 13 (pagina precedente) la fase di urto TB 81 evidenziando il terreno di infissione con due strati di consistenza diversa, che simulano pavimentazione e rilevato di supporto; lo spostamento, confermato poi nella prova reale è stato di 4 cm alla base con la rotazione contenuta della sommità. Riportiamo, infine, in questa e nella pagina successiva, alcune immagini dei crash reali eseguiti alla pista Aisico di Pereto a fine luglio 2019. Conclusioni NJ 120 H4b W2 denominato da ABESCA W2 è stato messo a punto per ottenere una barriera con la totalità delle prerogative della serie continua, quindi non aggressiva per i motociclisti, resistente al massimo, senza danneggiamenti con in più una spostabilità molto ridotta sotto grandi urti, che la rende utilizzabile su strade esistenti dove lo spazio per lo spartitraffico è ridotto, ma anche abbia facilità di trasporto, montaggio e manutenzione, il tutto con costi molto ridotti. nn te nelle zone di giunto e in quelle di ancoraggio con chiodi. Il risultato più complesso da ottenere con questa progettazione era quello di contenere gli spostamenti al di sotto dei 14 cm in modo da conseguire la Classe W2 che è di 80 cm compresa la larghezza propria della barriera che è di 66 cm. La validità della progettazione stata controllata con verifiche agli elementi finiti con modellazione dell’urto al variare delle caratteristiche del supporto e delle dimensioni, frequenze e profondità di infissione 8-9/2019 14a 15a 15b 15. Sequenza dell’urto reale TB 11 ASI = 1,36 14b 14a, 14b. Barriera allestita nel campo prove Aisico prima e durante la prova TB 81 LS13 L’Opinionetecnica 10_14_OPINIONE TECNICA CAMOMILLA.indd 13 13/09/19 17:19 L’Opinione tecnica 8-9/2019 leStrade Barriera New Jersey H120 W2 R La sequenza della prova TB81 Spostamento W2 Spostamento W2 14 16a 16b 17 18 16, 17, 18. Prova conclusa con successo: in evidenza (fig. 18) lo spostamento W216c 10_14_OPINIONE TECNICA CAMOMILLA.indd 14 13/09/19 17:19 produzionepropria.comartm.fasson2019 L’asfaltoè un materiale sul quale trascorriamo gran parte del tempo della nostra vita. In Italia abbiamo in totale un nastro di 185mila chilometri, a cui dobbiamo sommare strade urbane, ciclabili, piste degli aeroporti www.iterchimica.it High-tech additives for the road industry Progetti e prodotti eco-sostenibili per il settore stradale Economia circolare per un uso efficiente e sostenibile delle risorse Asfalto riciclabile all’infinito Strade più sicure, durature, ecologiche ed efficienti per tutti. Per primi siamo riusciti a progettare e realizzare una strada green e sostenibile composta da asfalto con 100% di materiale riciclato, la cui stesa a freddo permette di ridurre il consumo di energia e le emissioni di CO2. Il risultato è un asfalto riciclabile all’infinito, resistente, sicuro e bello. La nostra prossima sfida è il nuovo supermodificante high-tech al grafene per aumentare la vita utile del manto stradale, ridurre l’impatto ambientale, offrire maggiore sicurezza e risparmio sulla manutenzione, adottando un sistema di economia circolare. Pa rcheggi A ree extra-ur bane A rredourba no,ambiti d ipregio strade sicure Aree urbane Tra ffico legger o utilizzo di materiali da recupero e riciclo, fresato, gomma ridurre le temperature di produzione e stesa degli asfalti 100% asfa ltoriciclato strade 100% asfalto riciclato ridurreemissioni CO2 resistenza all’usura e alla deformazione risparmio di energia strade senza buche le strade agosto 2019 .indd 5 02/08/19 18:26 Stefano Ravaioli, Direttore del SITEB Strade e Diritto S trade e Diritto. A distanza di appena un mese (leStrade Luglio) dall’uscita della prima puntata della nuova rubrica curata dal professor Balduino Simone, su questo numero di Agosto-Settembre siamo già alla seconda volta! Merito dell’interesse per la materia (anzi, per le materie) che, lo confessiamo, ha contagiato la nostra redazione (anche molti nostri fedeli lettori, sia su carta sia sul web). E merito, soprattutto, della passione per la buona divulgazione del professor Simone, esperto di diritto ma anche di sicurezza. È proprio la sicurezza, delle infrastrutture e sulle infrastrutture, è senz’altro uno dei motori da mettere in campo se vogliamo che le strade del futuro diventino davvero “magnifiche e progressive”, prendendo a prestito i due celebri aggettivi leopardiani, e non evidenziano lacune che la sola tecnologia, se non accompagnata dalla saggezza dei princìpi, non riuscirebbe a colmare. Questa volta il viaggio nel passato ci porta diritti al primo esempio di “strada con binari” della Storia: un archetipo, come vedremo, che avrà sensibili conseguenze sulla circolazione stradale, ma anche e soprattutto ferroviaria. Nell’escursione dentro il futuro, quindi, torneremo a occuparci di ferrovie (e di sicurezza), anche come serbatoio di esperienza nel cammino che porterà alla trasformazione dei ruoli di gestori e utenti stradali. Per la serie: il nuovo “pilota” di veicoli autonome sarà più simile a un rilassato viaggiatore, intento nella lettura o nelle attività social, o piuttosto a un macchinista 4.0, adeguatamente formato, nonché attento alla strada e alle funzioni della sua “astronave”? La seconda ipotesi ci farebbe tirare più di un sospiro di sollievo... (Fabrizio Apostolo) Dalle Viae romane alle Smart Road L’antica alleanza tra strada e ferrovia risorsa per il nuovo mondo viario Torna la rubrica-ponte tra l’antica saggezza e le regole (da scrivere) dei contemporanei 16 Balduino Simone Docente di Diritto dei Trasporti Facoltà di Giurisprudenza Università di Urbino Il professor Balduino Simone è attualmente docente di Diritto dei Trasporti presso l’Università degli Studi di Urbino, ateneo in cui organizza anche una Summer School sui temi giuridici legati a Smart Road e veicoli di nuova generazione. Dirigente Generale della Polizia Stradale AR, ha fatto parte della Commissione che ha redatto il Regolamento di esecuzione del Codice della Strada e che ha portato all’introduzione della Patente a punti. È apprezzato formatore, nonché autore di numerose pubblicazioni in materia di CdS, infortunistica stradale, gestione della sicurezza stradale, sicurezza sul lavoro, strade intelligenti. 8-9/2019 leStrade 16_20_RUBRICA BALDUINO.indd 16 17/09/19 12:17 StradeeDiritto FOCUS Il Passato/La Civiltà Il carro romano capostipite del treno moderno La prima infrastruttura ferroviaria? È la strada LS17 F ino all’avvento del treno l’uomo, per viaggiare, aveva avuto solo due mezzi di locomozione: le proprie gambe e gli animali. E, viaggiare, da sempre, è il sogno dell’uomo, anche perché il viaggio è la metafora della vita. La nostra è la civiltà del viaggio: dall’Esodo all’Uomo di Gerico, da Ulisse al Pellegrino in viaggio per la Terra Santa, tutti gli “archetipi” dell’umanità sono accomunati da un viaggio. La letteratura, del resto, è piena di storie di viaggi: Ulisse, Marco Polo, Dante, Goethe, Verne, Swift. Tanti grandi hanno scritto storie di viaggi: come ricerca di vita, di verità, di nuovi mondi, di conquiste o di fuga da qualcosa che si voleva o si doveva abbandonare. Fino alla scoperta del treno, il viaggio era possibile solo per strada e le velocità erano quelle solite, molto ridotte e i tempi molto lunghi. Per il trasporto delle merci, poi, bisognava affidarsi solo ai carri, che Roma aveva eletto a strumento principe per soddisfare le sue immense esigenze di logistica militare e civile. E proprio nel carro romano, il treno trova origine, sia per le dimensioni, che per le modalità di circolazione, come la scelta del lato da impegnare nella marcia, fatta proprio dall’antica Roma per garantire adeguata tutela a chi percorreva a piedi la stessa strada. Tutti in marcia, sulla sinistra I carri romani tenevano infatti la sinistra, per evitare che i conducenti, frustando i cavalli, potessero frustare inavvertitamente anche i pedoni. Questa tesi ha una sua profonda razionalità perché i carri, specie nei centri urbani, erano presenti in gran numero, per soddisfare le necessità di trasporto di materiali da costruzione, di alimenti e bevande e per ogni altra esigenza commerciale e sociale. La loro circolazione avveniva occupando la sinistra del senso di marcia, come dimostra la scoperta, avvenuta nel 1998 in Inghilterra, di una vecchia strada romana, ben conservata, che portava a una cava nei pressi della cittadina di Swindon. Nella carreggiata sono visibili i solchi, di profondità diverse, tracciati dalle ruote: quelli diretti verso la cava inferiore a quelli che partono dalla stessa. Attribuendo ai solchi il senso di marcia della sinistra, risultano spiegate le diversità di profondità: meno profondi i solchi dei carri vuoti, che si recavano alla cava; più profondi quelli che da essa partivano carichi. Anche la circolazione dei cavalli, non trainanti carri, è lecito pensare avvenisse tenendo la sinistra, visto che la maggioranza delle persone usa di preferenza la mano destra e chi andava a cavallo poteva tenere le redini nella mano sinistra e avere libera la destra, per salutare altri viaggiatori o per difendersi con la spada, se era necessario. Della circolazione dei carri si è occupata la Lex Julia Municipalis del 45 a. C., che ne fissava limiti per l’ingresso nella mura cittadina, già allora invase da un numero rilevante di veicoli, pervenuta integralmente nel suo testo nelle tavole di Heraclea, rinvenute presso il greto del fiume Cavone, nell’antico territorio della città di Heraclea, e conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Essa prevedeva il divieto ai carri che trasportavano merci di circolare nelle ore diurne, imposto per decongestionare la città, già eccessivamente trafficata. Da questo divieto erano esclusi i carri che trasportavano materiali adibiti alla costruzione di templi e di altri edifici di culto. Solchi, ovvero proto-binari Riguardo all’infrastruttura, i Romani scoprirono la grande utilità dei solchi, scolpiti nel lastricato, di lucente basalto o di altra pietra, che ricoprono la superficie delle strade, come dei veri e propri binari, che ne favorivano l’avanzamento e, quindi, le capacità di trasporto. Una volta realizzate le incisioni, come naturale conseguenza si ottenne che tutti i carri dovessero avere la stessa larghezza delle ruote, fissata in 1,435 m, corrispondente a 4 piedi e 8,5 pollici nella misura inglese; misura che corrisponde proprio a quella dei carri da guerra dell’Impero Romano e che contiene i sederi di due cavalli. Quei solchi, ancora oggi visibili, costruiti dai Romani tanti secoli fa, rappresentano, quindi, la prima “infrastruttura ferroviaria”, quella che darà origine ai binari e al mondo nuovo delle strade ferrate e del treno. Ma perché quella misura? Il professor Tom O’Hare, della University of Texas, ha una sua teoria, e l’ha descritta in un’e-mail a pubblicata in vari siti web, tra cui sdrm.org. La riportiamo nella pagina seguente. 8-9/2019 1. Le tavole di Eraclea contenenti la Lex Iulia Municipalis 2. Solchi dei carri a Pompei Fonte: nomadiccosmopolitan.com 16_20_RUBRICA BALDUINO.indd 17 13/09/19 17:20 Stefano Ravaioli, Direttore del SITEB Strade e Diritto “Oggetto: Specifiche militari, ovvero come le specifiche militari vivano per sempre. Lo scartamento ferroviario standard negli Stati Uniti è di 4 piedi, 8 pollici e mezzo. Questo è un numero estremamente strano. Perché é così? Perché questa è la misura che si decise in Inghilterra, e le prime ferrovie americane furono costruite da espatriati inglesi. Ma perché gli inglesi fecero questa scelta? Perché le prime linee ferroviarie furono costruite dalle stesse persone che avevano costruito i tram trainati da cavallo, ed usarono lo stesso scartamento. Ma allora, cosa determinò lo scartamento dei tram inglesi? Fu il fatto che le persone che ne costruirono le linee usarono le stesse maschere e gli strumenti che usavano per la costruzione di carri, e quindi da questi ereditarono la distanza tra le ruote. Okay! Perché allora i carri usavano questa strana spaziatura tra le ruote? Beh, nel vecchio continente se avessero tenpercorso della Wylam Waggonway si trovava la casa dove nacque e trascorse la sua infanzia George Stephenson (1781-1848), che da grande sarebbe diventato il celeberrimo ingegnere minerario noto come il “padre delle ferrovie”. I binari in legno erano larghi 5 piedi, ma all’epoca si usavano rotaie ad “L”, pertanto lo scartamento si misurava sul lato esterno delle flange verticali, che guidavano le ruote. La distanza tra le ruote era aumentata di circa1⁄2 pollice per garantire il gioco meccanico, per cui lo stesso scartamento alle ruote risultava essere di 5’ 1⁄2”. Stephenson realizzò ruote dotate di flange interne, e quindi il suo riferimento divenne il lato interno delle rotaie; essendo queste larghe 2 pollici ciascuna, sottraendo 4 pollici da 5 piedi si ottenne 4 piedi ed 8 pollici (1 piede = 12 pollici). Il binario in realtà era lo stesso, erano le ruote ad essere cambiate. tato di utilizzare qualsiasi altro spaziatura, avrebbero corso il rischio di spezzare gli assi dei carri su alcune delle vecchie strade che attraversano il continente, e che presentano questa spaziatura tra i vecchi solchi delle ruote. Ma chi aveva fatto questi solchi sulle vecchie strade? Le prime strade a lunga distanza in Europa furono costruite da Roma imperiale a beneficio delle sue legioni. Le strade sono state utilizzate da allora. E i solchi? I solchi iniziali, che in seguito tutti hanno dovuto prendere a misura dei loro carri pena il rischio di distruggerne gli assi, furono scavati dai carri da guerra romani, che avevano tutti la stessa distanza tra le ruote perché erano costruiti secondo un modello arbitrariamente prefissato. Così abbiamo la risposta alle domande iniziali: la ferrovia a scartamento normale negli Stati Uniti misura 4 piedi 8 pollici e mezzo perché deriva indirettamente dalle specifiche militari originali dei carri da guerra 18 1. Tratto dal sito laputa.it/1435-mm-la-vera-storia-dello-scartamento-standa. 8-9/2019 leStrade dell’esercito dell’Impero Romano! Le specifiche militari vivono per sempre. Così, la prossima volta che vi viene data una specifica, e vi meravigliate di quale ‘horse’s ass’ (letteralmente: culo di cavallo) se l’è inventata, potreste essere sulla traccia giusta. Perché le bighe dell’Impero Romano sono state fatte proprio per essere abbastanza ampie per accogliere i sederi di due cavalli da guerra.” Il diametro “romano” dello Shuttle Vari blog riprendono l’argomento del professor Tom O’Hare, sostenendo che il diametro dei razzi (boosters) che portano in orbita lo Shuttle è determinato dal fatto che gli stessi, prodotti in Ohio, dovevano raggiungere la Florida in treno e quindi di dimensione limitata a quella delle gallerie ferroviarie, che indirettamente discende dai soliti sederi di cavallo1 . Questa tesi non è da tutti condivisa e alcuni ritengono che il limite di 4 piedi e 8,5 pollici sia frutto di un intervento operato da Stevenson sulla ferrovia mineraria di scartamento pari a 5 piedi, con rotaie in legno, la Wylam Waggonway, costruita nel 1748 circa, per collegare le miniere di carbone di Wylam con Lemington Staithes, sul fiume Tyne (vicino a Newcastle). Proprio lungo il 3. Biga romana alla “Fano dei Cesari” Il DNA della strada ferrata Così le strade di Roma, abbandonate con la caduta dell’Impero, ma ancora uniche vie di comunicazione per tutti i territori che avevano fatto parte dell’Impero, con i solchi incisi che resisteranno per secoli, alimenteranno la nascita delle ferrovie, che segnerà l’inizio della grande rivoluzione industriale. Il Palladio nel ‘500 così descriveva una strada romana: “Ma tra tutte doveva essere di somma bellezza e comodità la Via Portuense che da Roma conduceva ad Ostia; perciocché era divisa in due strade che tra l’una e l’altra delle quali vi era un corpo di pietra un piede più alto del rimanente, per una di quelle vie si andava e per l’altra si ritornava, schifando l’offesa dello scontro”. Perpetuando la loro funzione per millenni, le strade hanno dunque finito col generare e con l’alimentare tutte le altre vie di comunicazione, prima di tutte la ferrovia, che ha dato inizio all’era moderna, iniziata non con la scoperta dell’America, bensì con l’invenzione della ferrovia stessa. nn 4. Carro ferroviario sperimentale costruito da George Stephenson, il “padre delle ferrovie” a Newcastle, Regno Unito 5. Lo zampino dei Romani anche nelle misure dello Shuttle? C’è chi lo ipotizza 16_20_RUBRICA BALDUINO.indd 18 13/09/19 17:20 LS19 FOCUS Il Futuro/La Responsabilità Procedure ed esperienze ferroviarie al servizio delle nuove Smart Road S e per Smart Road si intende una strada intelligente, non c’è dubbio che essa non è un’“invenzione” moderna, perché i Romani, che fecero della strada lo strumento primario di governo degli immensi territori da essi conquistati, avvertirono la necessità e l’utilità che le loro strade fossero in grado di informare chi le percorreva. La risposta intelligente a questa esigenza fu l’Aureum Miliarum, che l’Imperatore Augusto pose nel foro, stabilendo che da quel punto, lungo tutte le strade, ogni 1.000 passi romani, venissero eretti i “miliaria”, imponenti cippi di pietra di forma cilindrica, con diametro 30/50 cm e altezza fino a 2 m. Sui cippi, all’iniziale funzione di marcare le distanze progressive, si aggiunsero indicazioni ed epigrafi, che ricordavano ai viandanti i nomi e le gesta dei costruttori. Al termine delle strade più importanti, opere maestose celebravano la gloria degli imperatori che avevano realizzato l’itinerario. Le informazioni “intelligenti” che la strada di allora poteva offrire al viandante erano riferite alle distanze, alle destinazioni possibili e alla conoscenza della denominazione della stessa, che, spesse volte, ricordava chi le aveva costruite o l’imperatore che l’aveva voluta, messaggi che inducevano soggezione e rispetto per la struttura. E il rispetto per la struttura era il primo fattore di tutela e di cura della strada, alle quali era preposto una delle figure del Curator Civitatis, figura che assumeva denominazioni diverse a seconda della funzione alla quale era preposto: a. Curatores viarum (strade extraurbane) b. Curatores aquarum (acquedotti e terme) c. Curatores aedium sacrarum operum locorumque publicorum (luoghi pubblici e permessi, ad esempio per erigere una statua) d. Curatores riparum et alvei tiberis et cloacarum (argini e alveo del Tevere, rete fognaria). I curatores erano fiduciari del prìnceps e venivano scelti tra persone di alto rango (generalmente, provenivano dal ceto senatorio e la loro nomina richiedeva un formale consenso del Senato). Caduta Roma, scomparvero i curatores e le strade andarono in rovina. Valori stradali da tutelare Questa visione di tutela della strada, come condizione primaria per garantirne efficienza e sicurezza, è stata ripresa nel 1933 con il T.U. della Tutela delle Strade, prima raccolta organica di norme destinate alla circolazione stradale, adottata dopo l’avvento del veicolo a motore, la cui disciplina ne costituiva parte rilevante. La scelta di definire la raccolta come “Testo Unico delle norme per la tutela delle strade e per la circolazione” è significativa di una visione razionale della gerarchia dei valori da tutelare. Secondo questa visione, solo tutelando la strada è possibile tutelare chi la percorre, sia in termini di efficienza che di sicurezza. Il Testo Unico 1740 dedicava l’articolo 1 agli “Atti Vietati”, elencando tutte quelle attività e comportamenti che avrebbero potuto danneggiare la strada, e con quelli successivi definiva procedure speciali, mirate a garantire il rapido ripristino della funzionalità e della sicurezza della circolazione. Queste norme, nel 1959, quando veniva emanato il DPR 393, primo “Testo Unico delle norme sulla circolazione stradale”, furono salvate e lasciate in vigore. Le stesse furono abrogate solo dal Codice attuale, adottato con D.Lgs 285 del 1992, ma trasferite nel Titolo II dello stesso, che restava immutato sino al 2011, quando il D.Lgs 35 recepiva a Direttiva 96/2008, e introduceva l’obbligo di gestione della sicurezza, a partire dal 2016, per le strade della rete TEN-T e dal 2020, per la rimanente rete viaria. La vecchia disciplina dei Poteri, dei Compiti e delle Responsabilità degli Enti proprietari e Concessionari, contenuta nell’articolo 14 del Codice della Strada, che riprendeva l’originaria disciplina del titolo I del Codice della Strada del 1933, con l’avvento dell’obbligo di gestione della sicurezza, le cui linee guida sono fissate col decreto del MIT del 2 maggio 2012, segna l’inizio di un mondo nuovo. Laboratorio ANSFISA: le analogie strada-ferrovia Gestire la sicurezza, infatti, significa avere il monitoraggio costante delle condizioni della strada e intervenire prima che si verifichino eventi infortunistici, non dopo. I parametri della concentrazione limite dell’incidentalità per tratto, l’obbligo delle ispezioni, la determinazione dei parametri per la gestione dei flussi e la rilevazione costante delle condizioni ambientali segnano una nuova frontiera, che ha già portato alla creazione di nuovi Organismi dedicati alla sicurezza infrastrutturale. Sotto la spinta emotiva suscitata da eventi tragici, come il crollo del ponte Morandi di Genova, il legislatore ha creato per esempio l’ANSFISA-Agenzia Nazionale della Sicurezza Ferroviaria e delle Infrastrutture Stradali e Autostradali, che a partire dal 1° dicembre 2018 vigila sulla sicurezza del sistema ferroviario nazionale e delle infrastrutture stradali e autostradali, riferendo, queste ultime, proprio agli adempimenti correlati al D.Lgs 35 del 2011, rimasto finora disatteso. L’accorpamento delle funzioni di sicurezza delle infrastrutture ferroviarie e stradali nella stessa Agenzia, che assorbe quelle dell’ANSF (Agenzia per la sicurezza ferroviaria) è significativa dell’acquisita consapevolezza delle profonde analogie che interesseranno i due sistemi di gestione e, contrariamente a quanto possa apparire a un analista superficiale, quello ferroviario sarà il riferimento certo per definire le modalità di gestione della sicurezza stradale, attualmente solo previste da una legge ed esplicitate in una norma tecnica, priva tuttavia di applicazione pratica e non solo. Nuovi poteri (dei gestori) e obblighi (dei conducenti) Il tema si presenta affascinante per le analogie tra i due mondi, sempre più simili per il venir meno, nelStradeeDiritto 8-9/2019 ©ansf.gov.it 6. La sicurezza come motore dell’innovazione infrastrutturale di ferrovie e strade 16_20_RUBRICA BALDUINO.indd 19 13/09/19 17:20 20 Strade e Diritto la circolazione stradale della discrezionalità tipica, riconosciuta al conducente nel determinare la condotta di guida. Nel mondo ferroviario, il preposto alla “guida”, non a caso, in gergo, si chiamava macchinista per esprimerne a funzione, dedicata a gestire la macchina, non a determinare le manovre, le fermate, le soste e la velocità, da sempre nella disponibilità del gestore della rete. La circolazione stradale, al contrario, era ed è il settore della vita sociale nel quale sono riconosciuti livelli elevatissimi di discrezionalità. L’attore principale, ancora oggi, è il conducente che liberamente si determinava nella partenza, nella velocità, nell’itinerario, nelle soste e nelle mete, ma tutto ciò è incompatibile con l’obbligo di gestione, in capo agli enti proprietari e Concessionari di strade e di autostrade. Questo obbligo di gestione, che attualmente si manifesta solo con provvedimenti di chiusura della strada e di riduzione degli spazi, per lavori, opere o cantieri, potrà crescere nella misura in cui sarà ridotta, in egual misura, la discrezionalità degli automobilisti, mediante provvedimenti immediatamente imperativi, adottati del Gestore della rete stradale, quando si siano verificate le condizioni che li impongono, altrimenti resterà cosa vuota o, peggio, astratta previsione normativa, invocabile unidirezionalmente dai conducenti verso i gestori delle strade, per chiederne il riconoscimento di responsabilità “a prescindere”. La sicurezza, infatti, potrà essere gestita solo se sarà preceduta da innovazioni normative, molto profonde che dovranno prevedere , come avviene nel mondo ferroviario, nuovi poteri dei gestori e corrispondenti obblighi per i conducenti dei veicoli stradali. Attualmente, in maniera paradossale, nessuno si è posto il problema, per esempio, di dover consentire al Concessionario autostradale di imporre limiti di velocità inferiori a quelli previsti dalla legge o dalla segnaletica stradale, quando fossero rilevate volumetrie di traffico o altre condizioni ambientali che richiedano, per “gestire la sicurezza”, di essere adottati ed imposti. Il nostro Codice della Strada non prevede tale possibilità, anche perché finora nessuno l’ha mai richiesta, in ossequio a quel principio di saggezza , secondo il quale “meno si fa e meno si sbaglia”. La segnaletica stradale infatti, che è lo strumento universale e codificato per imporre obblighi, divieti e limitazione alla circolazione, è apponibile con le procedure standard, che non comprendono provvedimenti imperativi immediati, da parte dell’ente proprietario. Questa impossibilità di imporre limiti di velocità diversi da quelli segnalati dalla cartellonistica, divieti di sorpasso laddove non erano previsti, divieti o obblighi di non occupare corsie o di portarsi su una di esse, è la negazione di ogni possibilità di gestione dinamica dei flussi. E la cosa “strana” è che nessuno ha mai reclamato questi poteri, anche perché essi andrebbero poi esercitati secondo procedure che facciano risalire la responsabilità decisionale non certo alla tecnologia, ma a un funzionario, dotato di poteri adeguati. Questa poca attenzione all’esercizio dei poteri degli Enti proprietari e dei Concessionari autostradali è così diffusa e consolidata che molti non ne avvertono la necessità, fino a offrire un panorama variegato di modalità di procedure decisionali, che portano anche a provvedimenti impegnativi, come la chiusura di tronchi autostradali. Questi provvedimenti, per la loro legittimità, devono essere adottati, secondo le procedure degli articoli 5, 6 e 7 del CdS, che ne disciplinano le ragioni e le competenze e, nel caso di inosservanza, non basta invocare la sicurezza, facendo affidamento sul potere miracolistico della stessa. Patrimonio procedurale In questo panorama, le procedure di gestione della circolazione e della sicurezza ferroviaria, costituiscono un patrimonio di certezze gestionali, frutto di tecnologie avanzatissime e di saggezze operative accumulate, le sole in grado di ridurre le discrezionalità dei conducenti degli attuali veicoli stradali, già dotati di sistemi che influiscono sulla guida (ADAS) e dei futuri conducenti/supervisori dei veicoli a guida autonoma, come condizione ineludibile di effettività e di responsabilità delle misure di gestione della sicurezza stradale. nn 8-9/2019 leStrade 7, 8. Dal macchinista ferroviario al conducente di veicoli autonomi: due figure destinate ad avere sempre più punti in comune 7 8 9. Smart Road: il futuro dietro l’angolo è alla ricerca di fondamenta normative. Può trovarle, per esempio, nella nostra tradizione stradale ma anche ferroviaria 16_20_RUBRICA BALDUINO.indd 20 13/09/19 17:20
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