Contesti verdi - Simonetta Fedele - Page 1 - Un invito a riflettere sui nostri giardini della memoria o del presente lungo le tappe della cultura umana ed esprimere i nostri pensieri. Non importa se possiedi un parco secolare, un piccolo angolo .verde, o un semplice balcone da città: le piante e Un invito a riflettere sui nostri giardini della memoria o del presente lungo le tappe della cultura umana ed esprimere i nostri pensieri. Le parti fondanti la nostra storia occidentale, come quelle del giardino da cui siamo stati cacciati al primo desiderio di autonomia e conoscenza. O i luoghi resi sacri dagli dei - molto umanizzati - che vi avevamo posto. Col tempo siamo stati noi a cacciare gli dei da quegli stessi luoghi. Però ne abbiamo avuto presto nostalgia e così abbiamo iniziato a coltivare i loro giardini incolti e abbandonati, a costruire fontane, alberi e voliere per farli tornare e per ascoltare storie. E questa potrebbe essere la forma più succinta possibile per riassumere l'immagine originaria del nostro giardino interiore secondo una tradizione giudaico-pagano-cristiana. Il giardino, luogo da cui essere cacciati, luogo da riconquistare, luogo da cui scacciare: in ogni caso luogo di dolore subito o inferto, nel quale peraltro si svolge l'azione dell'accudimento, dell'osservazione e accettazione dei ritmi naturali. Non importa se possiedi un parco secolare, un piccolo angolo verde, o un semplice balcone da città: le piante e i fiori che accudisci parlano di te e tracciano un identikit, qualunque esso sia, della tua personalità Il giardino, secondo alcuni esperti, altro non è che la metafora dell’educazione. Un simbolo perenne, in cui ogni uomo si può riconoscere: in fondo, per le più grandi fedi religiose l’uomo proviene proprio da un giardino ( l’Eden giudaicocristiano) o a esso è destinato ( i giardini oltremondani dell’Islam) E qualche studioso ha classificato i giardini secondo categorie più spirituali che florovivaistiche. Non è necessario caratterizzare le tipologie classiche dei giardini: all’inglese, all’italiana, giapponese, ornamentale…identificare invece quattro grandi categorie come le dimore definitive, indefinite, rassicuranti, meditative e all’interno di ciascuna, tipi diversi di giardini in cui ognuno di noi può giocare a identificarsi: un chiostro per fare affari, un labirinto per inseguire la donna amata, un giardino aereo per il creativo, uno sotterraneo per il politico… E ci si può ritrovare anche in tanti tipi di giardini anziché in uno solo E’ il luogo dell’interculturalità. Ogni giardino è abitato da piante diverse, esotiche e trasmette un messaggio di tolleranza. Da ragazzi per noi il caco era una pianta normale, cittadina, nei cortili dei palazzi, con quei pomi straordinari che maturano in novembre: poi si è saputo che è di origine giapponese. Così l’agave, la vite, l’ulivo… In Grecia su un’isola fino al 1400 non c’erano ulivi: li hanno piantati i veneziani. Il giardino dunque è il grande emblema della contaminazione ma anche simbolo presente in tutte le culture umane quasi una modalità per autodefinrsi, autorappresentarsi. Il giardino strumento-metafora eccezionale per rendere visibile il mondo interiore, la propria storia e identità. Ed infatti non esistono due giardini uguali. Anche dove oggi si costruiscono villette a schiera, palazzine con grandi balconi e fioriere, noi personalizziamo i nostri spazi verdi Il Giardino invita anche a fermare le proprie memorie: quanto spesso i giardini compaiano nei ricordi della gente. Sin da bambini tendevamo a inventarne di personali, creandosi la capanna, la zona perfetta, buia, riproduzione del ventre materno. I giardini della memoria emergono anche quando sperimentano uno spazio protetto, chiuso. Uno spazio verde esprime una decisione, un intervento umano, non è mai la natura allo stato brado, è il luogo del capriccio inventivo e non va troppo addomesticato. Il messaggio: tempera la tua invadenza perché il giardino, così come il bambino, richiede interventi continui, ma se gli lasci spazi di libertà, di autonomia, sviluppa una sua identità. Non devi tagliare ogni pianta che ti pare un po’ strana. I giardini sono un’allegoria dell’educazione, e ad esempio l’educatrice Montessori li li prediligeva ed amava e voleva che si insegnasse il giardinaggio ai bambini… Non un banale passatempo, coltivare il giardino è metafora del saper curare se stessi. E per molti altri autori, il giardino ha una rappresentazione differente pur se afferente ad uno stesso contesto: per H. James un conforto nei suoi crisantemi, per Voltaire il giardino di Candido è la metafora del saper coltivare se stessi; nella sua villetta di Meudon, Céline passeggiava tra il verde ben curato; Karen Blixen, mentre scriveva di tormente a Rungsted Kyst, in Danimarca, si rilassava tra le siepi e i pini di quello che poi sarebbe diventato il parco a lei dedicato; prolifico, arguto e meravigliosamente snob, lo scrittore britannico Eden Phillpotts, si rifiutava di parlare di letteratura se non in conversazioni sul giardinaggio; Emily Dickinson coltivava rose, narcisi e dalie; C. Darwin si dedicava a orchidee e rampicanti.; il giardino ha catturato Stevenson e Monet, P. Valery e Marguerite Yourcenar, la quale in un suo saggio rifletteva sulla resistenza passiva dei fiori davanti alla violenza del mondo; ed il più delizioso di tutti è il ceco Karel Capek, finissimo narratore, fiero oppositore del nazismo, che nel narrare divenne un coltivatore dilettante Oggi l’antico sogno di ricreare nel giardino l’ideale della perfezione e della bellezza si sta perdendo: i giardini e i parchi erano legati alle idee e ai gusti della società e venivano costruiti per meditare, studiare, pregare, vi erano chioschi, sale da concerto, serre, vivai, osservatori, piscine, campi da gioco, tutto per una vera estetica del giardino. Il giardino “parla” attraverso un sistema di stili, con il simbolismo dei suoi ornamenti verdi per potersi esprimere alla perfezione. La formazione complessa di un parco o di un giardino ha costantemente bisogno di spiegazioni, supposizioni, corrispondenze di sentimenti “richiamate” dai suoi paesaggi, dalle capacità evocative. Il giardino ha bisogno di qualcuno – poeta o prosatore – che cominci a parlare per lui. Esso è pensato per la creazione, la meditazione – soprattutto individuale -. Perciò nei giardini si realizzavano anche dei romitaggi, si allestivano biblioteche, si costruivano luoghi e sentieri per le meditazioni solitarie o per le conversazioni con gli amici. Il giardino è tutto teso alla parola. Questo sacro recinto della bellezza ha bisogno di qualcuno che riprenda a decifrarlo affinché il suo essere un microcosmo ideale, assai semiotico ed emotivo, possa scuotere la nostra esistenza spesso stanca che si è dimenticata di deliziarsi anche di una semplice passeggiata: nel giardino del piacere, nel giardino del pensiero, nel giardino dell’amore, nel giardino dell’anima Oggi più che mai si sente il bisogno di sacri recinti della bellezza perché è qui che “germinano” i nostri pensieri: il pensiero narrativo: le storie di quanto un giardino custodisce si avvicendano nel tempo e trattengono ancora le ombre di chi vi abitò e soggiornò; il pensiero scientifico: qui il bambino impara ad osservare; riconosce, annusa, assaggia per la prima volta in un luogo protetto/laboratorio di intelligenza ed impara a scoprire l’avvicendarsi delle fasi della vita naturale. il pensiero poetico, che incomincia a prendere forma nella mente laddove ecco le atmosfere di cui il giardino vive: nascono immagini, figure, voci, richiami che dureranno una vita intera e riporteranno a quel luogo modesto o ricco che sia stato; il pensiero magico: ciò accade di conoscere attraverso i fruscii, i mormorii, i fragori e gli schianti, o anche grazie agli angoli più misteriosi e segreti, dove si nascondono esseri dei boschi, dove è possibile trovare un genius loci la cui presenza ci rende meno soli; il pensiero geometrico: poiché la disposizione delle piante, i viali, i loro intrecci pensati, educano a dare forme simmetriche, a ordinare, a disporre in gerarchie; il pensiero simbolico: ogni giardino è metafora generale del vivere, della crescita e del declino, ed è, nella sua molteplice reinterpretazione nelle diverse culture e sensibilità, l’ambito in cui la psicologia individuale cerca se stessa rispecchiandosi in alcune forme del giardino e riconoscendosi maggiormente in alcune di esse.
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